Ogni tanto ci mandavamo qualche twitter, aveva apprezzato anche i nostri articoli che parlavano di lui, sempre in maniera gioviale qual’era mi aveva invitato ad andarlo a trovare oltre Atlantico, poi ma qualche tempo aveva disattivato il suo profilo twitter: da amicizie in comune sapevo che stava non bene, ma la sua fibra era forte, come lo era il suo carattere per la vita estrema e frenetica che ha fatto. Forte e gioviale, c’era tanta Lucania in lui, era legato a Muro Lucano e alla Basilicata. Tutti i Galella lo sono: sia quelli degli usa che del Canada. Ron Galella ci ha lasciato ieri a 91 anni, si è spento nella sua casa di Montville, nel New Jersey. Le sue foto sono in giro per il mondo, anche nei musei e anche nel Consiglio regionale della Basilicata, le aveva donate e in pratica sono una vera mostra itinerante di cultura, società e curiosità: da Stallone a Marcello Mastroianni, da Gian Lollobrigida a Jake La Motta e tanti altri. Ron Galella era il Re dei Paparazzi, anzi aveva inventato lui questa professione portandola ai massimi livelli. Ripropongo un mio vecchio articolo su un personaggio che ho amato e anche un video con un mio intervento a Buongiorno Regione Basilicata .
(…) Vittima e carnefice, istrionico e metodico, artista e ex militare, americano ma italiano allo stesso tempo, le cui radici sono salde nella Muro Lucano del padre e dei nonni, e della quale Ron Galella ha anche la cittadinanza onoraria, datagli , il 20 ottobre del 2010, dall’allora sindaco Gerardo Mariani. L’americano di Muro Lucano ha rivoluzionato la fotografia, da immagine statica a dinamica, rivoluzione tecnica, certo ma soprattutto culturale, di ideazione, di particolari anche minimalisti ma essenziali. Per questo fu ammirato e divenne grande amico di Andy Warhol. Carnefice e vittima di vip e star della quasi intoccabile Hollywood. Nato a New York il 10 gennaio 1931, il padre Vincenzo era di Muro Lucano, iniziò a fotografare da militare in Corea, e lì si innamora di quella che poi fu la sua arte e la sua “arma”. «Non ho mai guardato nell’obiettivo. Ho sempre scattato fissando la mia preda. A raffica, come un pazzo per riuscire a catturare la normalità, una smorfia spontanea, un gesto che smonta la presunta perfezione della loro immagine prefabbricata» diceva, divenne il fantasma e lo spauracchio dei vip. Tra i nomi delle sue vittime: Jacqueline Kennedy Onassis, Frank Sinatra, John Lennon, Liz Taylor, Elvis Presley, Robert Redford, Marlon Brando, Arnold Schwarzenegger, Cher, Michael Jackson, Robert De Niro, Mick Jagger, Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Anna Magnani Roberto Benigni, Woody Allen, Andy Warhol, Sean Penn, Mick Jagger, Jerry Hall e tanti, tanti altri, non sono soltanto personaggi famosi . Insomma per l’ex militare italoamericano, le cui radici lucane lo fecero diventare un creativo metodico: Colpire e affondare la preda, indignarla e scuoterla. Bisogna esserne capaci e Ron Galella, fu capace di covare e scattare ma nulla deve essere banale.
Dopo gli studi inizia a fotografare personaggi famosi durante le première cinematografiche e vende le proprie foto a tabloid statunitensi come National Enquirer e Photoplay. Episodi famosi: Il 12 giugno 1973 Marlon Brando colpisce Galella con un pugno in faccia vicino ad un ristorante nel quartiere di Chinatown, dove l’attore viene fotografato in compagnia di Dick Cavett dopo aver registrato una puntata de “The Dick Cavett Show”. Galella, che si ritrova con la mascella rotta dopo l’aggressione, cita Brando in giudizio e ottiene un risarcimento di 40.000 dollari. Una volta vinta la causa, il paparazzo ha continuato a perseguitare l’attore, indossando un casco da football americano. Un altro bersaglio è stato l’attore Sean Penn, che infastidito dal reporter, gli ha sputato in faccia. Galella subisce un’altra aggressione da parte delle guardie del corpo di Richard Burton, perdendo un dente. Ma da buon lucano non demorde, animo troppo ribelle, precursore dei social: oggi i vip fanno quello che Galella iniziò in una epoca, dove non esistevano cellulari: fotografare attimi di vita privata o attimi improvvisi. Il paparazzo murese fu profeta e cercò, anzi riuscì a rendere umani gli “Dei di Hollywood”, di far diventare nomali cittadini, con le loro debolezze, quelle “Star di Celluloide” che sembravano di vivere solo nella celluloide. Andy Warhol, sua preda e amico, di certo non l’ultimo arrivato nel capire gli ingranaggi dell’arte, essendo un massimo esponente della Pop Art. Se non puoi combattere il nemico fallo amico e disse di Ron: «Una buona foto deve ritrarre una persona famosa mentre fa qualcosa di non famoso. Il suo essere nel posto giusto al momento sbagliato. Ecco perché il mio fotografo preferito è Ron Galella». Ebbe ragione, fu davvero così ed è così tutt’oggi. La sua fama delle sue fotografie crebbero a tal punto da essere acquistate ed inserite su testate giornalistiche come Time, Harper’s Bazaar, Vogue, Vanity Fair, People, Rolling Stone, The New Yorker, The New York Times, Life ed esibite nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo, come il Museum of Modern Art di New York, il Museum of Modern Art di San Francisco, l’Andy Warhol Museum di Pittsburgh, la galleria Tate Modern di Londra, l’Helmut Newton di Berlino e la Galerie Wouter van Leeuwen di Amsterdam. I suoi ritratti sono mostrati permanentemente Il suo segreto? Queste sono le regole di Galella, per diventare un buon paparazzo.: Impara a intrufolarti negli eventi, non farti scrupoli; vestiti sempre in maniera adeguata e ricordati di lasciare il cappotto in macchina (se sei senza cappotto gli altri penseranno che sei andato fuori a prendere una boccata d’aria e sei rientrato); fatti subito un’idea di dove sia la cucina (è da lì che si entra) oppure procurati l’invito, vai da qualcuno che è stato invitato (oppure vai in una topografia, duplica l’invito, e sostituisci il tuo nome con il suo); e ancora: scatta velocemente (solo così cogli l’espressione di sorpresa e giochi d’anticipo con chi non vuole essere fotografato). Tuttavia, forse nessuno riuscirà più a bissare il suo stile e la sua fama. I tempi sono cambiati , come le mode, le idee, le icone e il mondo, ma Ron, rimarrà per sempre il più acuto e celebre eroe dell’arte del disincanto. . Come ha evidenziato Roberta Gambaro: «Quel fotogiornalismo che darà scandalo e gli procurò non pochi problemi giudiziari corrispondeva al filone di artisti che andava controcorrente, che mostrava alla borghesia perbenista ciò che non voleva vedere, che era meglio censurare. Infastidire, punzecchiare, cogliere il vivo delle persone, nelle fotografie, non è cosa facile, soprattutto quando in cambio ricevi pugni, sputi e denunce. Fotografare significa immortalare, rendere ‘morto’ il soggetto, fermarlo nel tempo e Galella fu capace ad utilizzare un dinamismo d’autore, facendo vivere per sempre le sue prede, senza mai scadere nel volgare, donando loro l’eternità espressiva». La sua lucanità? Legato alla Muro Lucano del padre e degli antenati, Galella ha regalato molti suoi celebri scatti alle istituzioni di Basilicata: al Consiglio Regionale della Basilicata, una serie di straordinarie fotografie che sono una mostra itinerante e al Comune di Muro Lucano, un’altra raccolta che è esposta al Museo Nazionale.
Nessun commento:
Posta un commento